Errato utilizzo del canale telematico nelle compensazioni dei crediti- Dott. Paolo Iaccarino

Posted By contribuenteweb on Ott 15, 2018 |


Storie di difesa tributaria: errato utilizzo del canale telematico nelle compensazioni dei crediti di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

Inizialmente sporadici, con il passare dei mesi gli atti di contestazione ed irrogazione di sanzioni aventi ad oggetto la violazione delle disposizioni di cui all’articolo 37 comma 49-bis del Decreto Legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con Legge 4 agosto 2006, n. 248 sono diventati sempre più frequenti.

Tale norma, ai fini della compensazione del credito annuale o infrannuale dell’imposta sul valore aggiunto, ha introdotto l’obbligo di utilizzare esclusivamente i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate (Fisconline o Entratel, anche per il tramite di intermediari).

L’utilizzo dei servizi di home banking messi a disposizione dalle banche e da Poste Italiane, ovvero dei servizi di remote banking (CBI) offerti dalle banche, è consentito esclusivamente a coloro che effettuano compensazioni di crediti Iva nei limiti previsti pro tempore dalla normativa (con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate Prot. 2012/40186 del 16 marzo 2012, a decorrere dal 1° aprile 2012, il tetto è stato fissato a 5.000 euro annui), obbligando il contribuente ad utilizzare i canali telematici dell’Agenzia delle Entrate ogni qualvolta si procede alla compensazione oltre i limiti fissati.

Sebbene all’introduzione dell’adempimento non è seguita l’istituzione di una specifica sanzione, l’Agenzia delle Entrate, per mezzo del Centro Operativo di Venezia, al fine di reprimere l’utilizzo “di canale di trasmissione non conforme alla quello previsto per la compensazione del credito iva”, sta irrogando sanzioni amministrative contestando la violazione dell’articolo 11 comma 1 lettera a) del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.

Qui sorge il problema.

La sanzione irrogata, infatti, non ha ad oggetto il comportamento sanzionatorio contestato, l’errato utilizzo di canale telematico (home banking piuttosto che Entratel), bensì l’omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria e l’invio di tali comunicazioni con dati incompleti o non veritieri.

Nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge”. Con tale espressione l’articolo 3 del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 ha sancito, in conformità ai principi di cui al comma 2 dell’articolo 25 della Costituzione (“Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”), che la determinazione dei fatti che costituiscono violazione punibile sia riservata al Legislatore, secondo un’elencazione analitica ed esaustiva, escludendo qualsivoglia integrazione analogica a casi diversi da quelli contemplati dalle norme sanzionatorie.

La predetta disposizione contiene al suo interno almeno tre principi preminenti in questa sede rilevanti: la riserva di legge, l’obbligo di tassatività della previsione sanzionatoria, il divieto di analogia.

In base alla riserva di legge è devoluto al legislatore il potere di individuare le fattispecie punibili, la cui valenza è da considerarsi assoluta e non derogabile in considerazione del carattere afflittivo della sanzione. Strettamente connessi alla riserva di legge il principio di tassatività, il quale impone al legislatore un alto grado di precisione, di analiticità e determinatezza del dettato normativo, ed il divieto di analogia, che vieta, in caso di lacune normative in merito alla formulazione di fattispecie punibili, l’integrazione analogica con la disciplina prevista in altre fattispecie regolate. Specialmente in materia sanzionatoria, l’interpretazione analogica,pur non essendo in astratto esclusa, in quanto le norme impositive non appartengono alle categorie contemplate dall’art. 14 preleggi (che concerne solo le norme penali e quelle eccezionali), trova, tuttavia, in concreto, difficile possibilità di applicazione in ragione della struttura solitamente rigida della loro formulazione, l’interpretazione estensiva – che tende, cioè, a comprendere nella portata concreta della norma tutti i casi da essa anche implicitamente considerati, quali risultanti non solo dalla lettera ma anche dalla ratio della disposizione” (Corte di Cassazione Sezione 5 Sentenza Numero 30722 Anno 2011). La ratio normativa, evidentemente, è quella di ridurre il rischio che in sede attuativa o giurisdizionale si verifichi l’ampliamento o la vera e propria creazione di fattispecie punitive non diversamente previste.

Orbene, ai presenti fini gli Uffici contestano al contribuente che mediante la compensazione telematica “si realizza una forma di “comunicazione di dati e notizie”, nel senso che attraverso i medesimi canali il contribuente segnala la propria volontà di compensare un credito con debiti tributari e/o contributivi, affinché il sistema informatico possa procedere all’automatica imputazione delle somme nella contabilità degli enti coinvolti, nonché, nel caso in esame, l’Agenzia possa eseguire i necessari controlli”, richiamando una normativa di fatto inesistente.

Risulta evidente, infatti, la divergenza fra la normativa sanzionatoria (“ogni comunicazione prescritta dalla legge”) e la concreta fattispecie contestata (“l’inosservanza dell’obbligo di utilizzare i canali telematici”).

Quanto affermato dall’Ufficio, piuttosto, costituisce una falsa rappresentazione della realtà fattuale, nonché un illegittimo tentativo di interpretazione analogica della disposizione sanzionatoria. In particolare l’Ufficio, equiparando la trasmissione della delega F24 alla comunicazione di dati e notizie contesta un omissione di fatto non verificatesi poiché la comunicazione è avvenuta ed è stata effettuata con modalità comunque telematiche di trasmissione di dati che sono affluiti in tempo reale nelle banche dati dell’Amministrazione finanziaria ed hanno consentito, senza alcuna riserva temporale, il trasferimento delle informazioni richieste. L’invio di modelli telematici trasmessi all’Agenzia delle Entrate con un sistema di remote banking (CBI) in luogo dei canali Entratel o Fisconline non costituisce fattispecie sanzionatoria prevista dalla legge. L’articolo 11 comma 1 lettera a) del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 sanziona fattispecie diverse, ovvero la “omissione di ogni comunicazione prescritta dalla legge tributaria” o “l’invio di tali comunicazioni con dati incompleti o non veritieri”, non certo l’utilizzo di canali di comunicazione difformi. Nel senso prospettato si è espressa la giurisprudenza di merito, in particolare la Commissione Tributaria Provinciale di Roma secondo cui “nella specie si è trattato esclusivamente della non corretta utilizzazione dei servizi telematici per procedere alla compensazione fra opposte ragioni di credito, attività svolta spontaneamente dal contribuente senza che costui avesse un obbligo di adempiere ad un’informazione dovuta” (Ctp Roma Sentenza Numero 3009 Anno 2018; Cfr. Ctp Bergamo Sentenza Numero 435 Anno 2017).

Si colga, inoltre, che mai l’Agenzia delle Entrate, nella sua produzione di prassi in materia (Circolari 1/E e 12/E del 2010), ha affermato un conseguente profilo sanzionatorio specifico per l’utilizzo difforme di canale di pagamento in spettanza del credito compensato. Nella Circolare 12/E del 2010 l’Agenzia delle Entrate afferma, piuttosto, che “la norma in commento si colloca, quindi, nel quadro del contrasto all’indebito utilizzo in compensazione nel modello F24 di crediti inesistenti, e completa le disposizioni contenute nell’articolo 27, commi da 16 a 20, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2)”, richiamando implicitamente ed esclusivamente la fattispecie sanzionatoria già prevista per l’indebita utilizzazione in compensazione di crediti inesistenti.

In conclusione, fedeli al dettato costituzione, qualsivoglia irrogazione di sanzione non conforme al dettato normativo assume profili di illegittimità la cui rilevanza deve essere evidenziata dal professionista sin dalla fase amministrativa e contestata in quella giurisdizionale. Il rischio di restare inerti all’azione del Fisco va ben oltre l’illecita irrogazione di sanzioni al cliente assistito. Il rischio, ben più grande, è quello di avallare l’incontrollata produzione delle fattispecie punitive che contribuiscono inevitabilmente al deterioramento del rapporto con l’Amministrazione Finanziaria.

 

PAOLO IACCARINO
DOTTORE COMMERCIALISTA

O.D.C.E.C.  PESCARA

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